Analisi forense dei fluidi biologici: evoluzione, tecnologie e prospettive

da redicon
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Nell’ambito delle scienze forensi, l’individuazione e l’analisi dei fluidi corporei rappresentano un elemento chiave nelle fasi investigative. Questi reperti possono fornire prove decisive per confermare o smentire testimonianze e costituiscono una preziosa fonte di DNA utile all’identificazione dei soggetti coinvolti. La loro corretta raccolta e gestione consente agli investigatori di ricostruire le dinamiche dell’evento criminoso, accertare presenze sulla scena e rafforzare o smentire ricostruzioni testimoniali.

Tuttavia, le tecniche attualmente disponibili mostrano limiti significativi: bassa sensibilità, possibile distruzione del campione e rischio di falsi positivi o negativi. Quando le tracce non sono visibili a occhio nudo, il loro rilevamento risulta difficile. Tecniche basate su osservazione visiva o fluorescenza offrono risultati solo parziali, risultando poco efficaci in presenza di residui trasparenti o minimi. Inoltre, l’interpretazione può essere influenzata dall’esperienza e dal giudizio soggettivo dell’operatore.

I test rapidi da campo, utili per un primo screening, sono spesso invasivi e possono compromettere l’integrità del campione, impedendo future analisi genetiche. È quindi essenziale disporre di metodologie più accurate, non distruttive e affidabili.

Le tecniche tradizionali: potenzialità e limiti

I fluidi corporei più frequentemente rinvenuti sulla scena del crimine includono sangue, saliva, urina, sperma e sudore. Ogni fluido prevede protocolli di screening specifici, spesso eseguibili direttamente sul campo, con risultati preliminari positivi o negativi.

Per le conferme definitive, si ricorre a metodi analitici avanzati, come la gascromatografia o la cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa. Queste tecniche garantiscono un’elevata precisione, ma sono costose, richiedono tempi lunghi e attrezzature di laboratorio, spesso non compatibili con l’urgenza operativa delle indagini.

Reazioni biochimiche, come i test per la fosfatasi acida (utili per identificare sperma) o per l’amilasi (specifica per la saliva), si basano sul cambiamento di colore di un reagente. Anche il Luminol, impiegato per rilevare sangue tramite interazione con l’emoglobina, è molto usato, ma distruttivo.

Queste tecniche, sebbene pratiche, possono interferire con l’estrazione del DNA e raramente consentono una precisa localizzazione spaziale della traccia. Inoltre, fattori ambientali come umidità o contaminazione possono alterare l’affidabilità del risultato.

Innovazioni tecnologiche e metodologie emergenti

Nel tentativo di superare i limiti delle tecniche tradizionali, la ricerca ha esplorato nuove soluzioni. Una di queste è l’utilizzo di sorgenti luminose per stimolare l’eventuale fluorescenza dei fluidi, ma solo poche molecole biologiche emettono naturalmente fluorescenza e le superfici di deposito possono generare interferenze.

Sono stati introdotti anche test rapidi come le ABA-card per l’individuazione della proteina P30, presente nel liquido seminale. Sebbene utili, richiedono conferme successive e spesso non forniscono informazioni sul posizionamento della traccia.

Metodi innovativi come il profiling dell’RNA, pur promettenti, sono limitati dalla naturale instabilità di questo acido nucleico. Anche lo studio dei pattern di metilazione del DNA apre nuove prospettive per l’identificazione del tipo di fluido e della sua origine biologica, ma necessita ancora di validazioni e non è applicabile direttamente in campo.

La spettroscopia Raman si è rivelata una valida opzione per le analisi in loco: sfruttando un raggio laser, consente di identificare i fluidi senza distruggere il campione. Tuttavia, l’interpretazione degli spettri richiede competenze specialistiche e strumentazione costosa, limitando la diffusione su larga scala.

I biosensori: il futuro dell’analisi forense sul campo

Tra le soluzioni emergenti, i biosensori rappresentano una delle più grandi innovazioni applicate alla scena del crimine. Si tratta di dispositivi capaci di rilevare la presenza di specifiche molecole nei fluidi biologici trasformando l’interazione con l’analita in un segnale misurabile, che può essere elettrochimico, ottico, colorimetrico, termico o magnetico.

Questi strumenti uniscono rapidità, selettività, precisione e non distruttività. Possono essere utilizzati direttamente sulla scena del crimine senza prelevare o alterare i campioni, mantenendo intatta la traccia e permettendo una localizzazione precisa della stessa.

La struttura del biosensore prevede un elemento biologico di riconoscimento (come anticorpi, enzimi o acidi nucleici) accoppiato a un trasduttore. Tale architettura garantisce un’elevata specificità per il target molecolare di interesse. Grazie alla loro versatilità, i biosensori possono essere progettati per identificare differenti fluidi e adattati a contesti e superfici differenti.

In prospettiva, la miniaturizzazione dei dispositivi e la loro connessione con sistemi digitali permetteranno analisi sempre più tempestive, automatizzate e facilmente leggibili. Le applicazioni, inoltre, potrebbero estendersi ben oltre l’ambito forense, includendo anche settori come la sanità, l’ambiente e la sicurezza alimentare.

L’introduzione dei biosensori nella routine investigativa rappresenta un passo decisivo verso un’analisi scientifica della scena del crimine più efficiente, affidabile e tecnologicamente avanzata.

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